Descrizione
Nella sua breve misura, questo libro offre un profilo originale dell’arte novecentesca e attuale (esemplificata da proposte di protagonisti come Abramovic, Banksy, Beuys, Duchamp, Kandinskij, Picabia, Schneemann, Smithson, Viola, Woodman). L’accostamento storico e teorico alla straordinaria avventura di un’arte innervata nella complessità tardomoderna delinea uno scenario di profondi cambiamenti: mutata o dissolta la nozione di opera, trasformata l’implicazione di senso, destituita di significato la tradizionale situazione dell’artista.
Ed ecco che al vagheggiamento di un’arte come prassi finalmente libera, sganciata da ogni presupposto e da qualsiasi finalità (l’arte come festa) si contrappone la nozione di un’arte come ricerca oggettiva, legata a un percorso ineluttabile fra il suo passato e il suo futuro. Emerge così la figura dell’artista sovrano, in opposizione all’artista mobilitato a seguire un dover-essere di volta in volta connesso al medium, alla comunicazione, al sistema dell’arte.
Ma si tratta solo della prima coppia di opposti, giacché l’analisi segue il percorso di un’arte che vuole concentrarsi su se stessa, mentre altre metodiche scommettono su un’arte che si incontra con la vita fino a confluirvi. E non basta, dato che le metamorfosi del vissuto operano una spinta contraria, saldandosi con la sopravvalutazione del potere liberatorio non solo dell’esperienza estetica ma anche (anzi soprattutto) dell’attività artistica. All’artista sovrano si affianca così il suo doppio qualunque, anche lui impigliato nel duplice legame fra una sperata festa e un’implicita mobilitazione.
Solidissima ma tutt’altro che accademica, l’argomentazione apre squarci imprevisti sui nessi fra arte e lavoro, fra le attitudini creative e la biopolitica, fra le ansie della vita di tutti i giorni e i tentativi d’un loro riscatto mediante l’arte.L’autore Giuseppe Frazzetto insegna presso l’Accademia di Belle Arti di Catania e (a contratto) presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania. La sua attività di storico si è a lungo concentrata sull’analisi dei rapporti fra centro e periferia, globale e locale (per esempio con la grande mostra La questione siciliana del 1997). Critico d’arte, collabora o ha collaborato con quotidiani (“La Sicilia”, “Giornale del Sud”, “Espresso Sera”) e riviste specializzate in arte contemporanea.
Ha pubblicato vari saggi di teoria dell’arte contemporanea: Museo. Aporia dell’immagine, De Martinis & c., Catania 1994 (prefazione di Manlio Sgalambro); Terra ti solleverò con un grido di gioia. Utopia e metodo in Luigi Di Sarro, Mazzotta, Milano 2001; L’implosione postcontemporanea. L’arte nell’epoca del web globale, Città Aperta, Troina 2002; Gibellina. La mano e la stella, Fondazione Orestiadi, Gibellina 2007; Molte vite in multiversi. Nuovi media e arte quotidiana, Mimesis, Milano 2010; L’invenzione del nuovo. Modi dell’arte contemporanea (nuova edizione), Maimone, Catania 2013. Ha ideato e curato la rassegna dedicata alle metodologie della giovane critica Scritture per l’arte, Il Quadrante, Torino 1989.
Ed ecco che al vagheggiamento di un’arte come prassi finalmente libera, sganciata da ogni presupposto e da qualsiasi finalità (l’arte come festa) si contrappone la nozione di un’arte come ricerca oggettiva, legata a un percorso ineluttabile fra il suo passato e il suo futuro. Emerge così la figura dell’artista sovrano, in opposizione all’artista mobilitato a seguire un dover-essere di volta in volta connesso al medium, alla comunicazione, al sistema dell’arte.
Ma si tratta solo della prima coppia di opposti, giacché l’analisi segue il percorso di un’arte che vuole concentrarsi su se stessa, mentre altre metodiche scommettono su un’arte che si incontra con la vita fino a confluirvi. E non basta, dato che le metamorfosi del vissuto operano una spinta contraria, saldandosi con la sopravvalutazione del potere liberatorio non solo dell’esperienza estetica ma anche (anzi soprattutto) dell’attività artistica. All’artista sovrano si affianca così il suo doppio qualunque, anche lui impigliato nel duplice legame fra una sperata festa e un’implicita mobilitazione.
Solidissima ma tutt’altro che accademica, l’argomentazione apre squarci imprevisti sui nessi fra arte e lavoro, fra le attitudini creative e la biopolitica, fra le ansie della vita di tutti i giorni e i tentativi d’un loro riscatto mediante l’arte.L’autore Giuseppe Frazzetto insegna presso l’Accademia di Belle Arti di Catania e (a contratto) presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania. La sua attività di storico si è a lungo concentrata sull’analisi dei rapporti fra centro e periferia, globale e locale (per esempio con la grande mostra La questione siciliana del 1997). Critico d’arte, collabora o ha collaborato con quotidiani (“La Sicilia”, “Giornale del Sud”, “Espresso Sera”) e riviste specializzate in arte contemporanea.
Ha pubblicato vari saggi di teoria dell’arte contemporanea: Museo. Aporia dell’immagine, De Martinis & c., Catania 1994 (prefazione di Manlio Sgalambro); Terra ti solleverò con un grido di gioia. Utopia e metodo in Luigi Di Sarro, Mazzotta, Milano 2001; L’implosione postcontemporanea. L’arte nell’epoca del web globale, Città Aperta, Troina 2002; Gibellina. La mano e la stella, Fondazione Orestiadi, Gibellina 2007; Molte vite in multiversi. Nuovi media e arte quotidiana, Mimesis, Milano 2010; L’invenzione del nuovo. Modi dell’arte contemporanea (nuova edizione), Maimone, Catania 2013. Ha ideato e curato la rassegna dedicata alle metodologie della giovane critica Scritture per l’arte, Il Quadrante, Torino 1989.